giovedì 6 marzo 2008

Primo Contatto

Spalancò gli occhi: un’orribile desolazione si presentava al suo sguardo. Brulle terre collinari cedevano il passo a nere e frastagliate montagne, aguzze come i denti di una tigre. Il cielo, di color rosso cupo, era attraversato nella sua interezza da nubi vermiglie e verdi di malattia. Ebbe la netta sensazione di precipitare, ma improvvisamente gli si parò dinanzi un piccolo seme nero. Questo sprofondò nelle viscere della terra e diede vita ad un piccolo albero che crebbe, crebbe fino a diventare maestoso, dalla corteccia robusta e dalle foglie vive e dai colori radiosi. Venne la primavera e spuntarono fiori dai petali azzurri e viola che emanavano un profumo misto di pesco e gelsomino. Aëshvell aspettava un frutto per coglierlo e mangiarlo, fu sicuro di trovarsi in presenza dell’Albero della Vita, ma la Voce, insinuante, gli sussurrò: “Fermo…”.
I fiori caddero in terra presto seguiti dalle foglie, rinsecchitesi in un battito di ciglia. L’albero morì e presto non fu altro che un tronco cavo. Si sentì tirare da dietro ed una forza immane lo allontanò fino a quasi un miglio da dov’era l’albero, ma non ebbe il tempo di chiedersi cosa stesse accadendo, perché un fascio di luce fu proiettato in alto salendo sin dalle radici dell’albero.
Il fascio di luce iniziò a disegnare nel cielo innumerevoli spirali, collegate fra loro da fiotti di buio, ed iniziò a ruotare sempre più velocemente, ancora più velocemente e, in un tempo che Aëshvell seppe lunghissimo, ma che immaginò fosse durato meno di un istante, il fascio di luce divenne un cono di luce intermittente. Emanava una sensazione di Potere inequivocabile: si trovava davanti ad un Dio, Aëshvell ne era certo.
La Luce lo osservò attentamente, tanto da sondare i suoi pensieri più intimi: si sentì spogliato persino della sua pelle e stava per urlare di terrore, quando lo sguardo della Luce si posò appena dietro di lui. Avrebbe voluto girarsi, ma gli fu impossibile.
La Luce parlò. La voce tuonò nelle orecchie dell’uomo, che non ricordò più nemmeno il suo nome.
«È costui?»

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